mercoledì 10 agosto 2016
Punto e virgola - di Ambra Taormina - Protocollo d'intesa: il 'caso moschea' fomenta un 'colonialismo da importazione
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È ormai un caso di quelli in cui, del dubbio non si può più beneficiare: quell'atteggiamento tutto
italiano che fa della nostalgia per un passato vicino o lontano, il valido pretesto per una corsa a
ritroso nel tempo, non impazza più soltanto in una tv innocente e che quotidianamente ci propina
scampoli innocui di vecchi varietà. Ma il passato è, ormai per intero, fatto oggetto di un dosaggio
somministrato anche quando proprio non si rimpiange, recuperato in una sorta di 'revival'
innecessario che non risparmia usanze ormai perite, e intrappolate in un trascorso culturale che,
nell'ambito del percorso cronologico-evolutivo dell'uomo, è di cattivo gusto e mancato buonsenso
ripercorrere. Eppure, nel momento storico che fa da sfondo alle vicende umane del comprensorio
"Piazza Armerina, Aidone, Valguarnera", qualcuno sembra adoperarsi per preparare il terreno ad un
ritorno all'età (mai rimpianta!) del colonialismo. I presupposti di certo non mancano: il
chiacchierato accordo stipulato tra i sindaci del comprensorio made in Sicily e un principe saudita
promettente lauti investimenti a tutela di un progetto in cui sarebbe prevista la messa in opera di una
moschea (che assicura di riuscire seconda in Italia per importanza), di un centro per la divulgazione
della cultura islamica, nonchè di un albergo di lusso, suonerebbero al vaglio di una prima analisi,
come un'oscura alleanza la quale, nulla di strano, minaccia una futura e non lontana probabile
islamizzazione del territorio interno della nostra regione, e che, come tradizione coloniale vuole,
potrebbe non tardare ad estendersi a macchia d'olio e nell'arco di breve tempo, condotta come
sarebbe, previa importazione di 'materia prima' araba direttamente dal luogo interessato a fornirci
quello che viene superficialmente mascherato quasi come un disinteressato aiuto finanziario a
beneficio di località con l'acqua alla gola, e per questo desiderose di una 'rinascita' economica che, a
conti fatti, attualmente si colloca ben al di là delle effettive possibilità dettate dalla lungimiranza
amministrativa autoctona. Superfluo, se non addirittura falso, risulterebbe additare a giustificazione,
un presunto radicamento dell'Islam nel nostro territorio, possibilmente derivato dalla presenza
ormai piuttosto ingombrante, di musulmani che ingrossano le fila dell'immigrazione clandestina.
Non trascuriamo, però, che un qualsiasi revival d'autore che si rispetti e condotto nel giusto spirito,
insegna che nel riportare alla luce il passato, una rivisitazione è comunque d'obbligo: infatti, che tra
le tre storiche possibilità di cui l'uomo si è avvalso nel corso della lunga tradizione coloniale, il
nostro territorio si appresti a diventare una colonia ad uso economico e culturale, o da occupazione
e ripopolamento (a meno che non si avvii a diventare una colonia penale, e per chissà quanti dei
nostri ospiti lo è già!), saremo stati 'noi' (o chi per noi) a mettere in piedi quello che ha motivo di
apparire come un 'colonialismo da importazione', fenomeno ad oggi mai verificatosi nella storia,
tanto più da non sottovalutare in quanto aggravato dalla conseguente, nefasta diffusione di un
islamismo radicale e conservatore di principi che si è unanimemente concordi nel definire come
responsabili della violazione dei basilari diritti umani, e che peraltro, in virtù della sua particolarità,
andrebbe ad accatastarsi ad altri ben noti primati che il nostro comune sta di recente
orgogliosamente collezionando. È dunque all'ombra di una pratica abbondantemente estintasi nella
prima metà del secolo breve, e di cui rimangono ragionevoli tracce fisiche e non, in tutto il mondo,
che ad oggi continua a bruciare la fiamma che consuma il calvario della nostra terra, fatta di
promesse non mantenute, fatti a metà, e la retorica avvelenata dei benpensanti, barricati
assiduamente dietro a un bel parlare poco ragionato, e rei di ostacolare sistematicamente la concreta
ripresa di un territorio, il nostro, meritevole di ripartire da risorse proprie, alla luce di una discreta
dose di onestà e buona volontà. Ambra Taormina
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